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Polenta e baccalà

Polenta e baccalà

 

è un piatto tipico del Veneto, la mia regione d’origine, adatto soprattutto nella stagione invernale o per rinfrancare il corpo e lo spirito dopo una lunga camminata!

Per questo motivo l’ho inserito nel contesto del programma Heritage di Aifb che tratta i Cammini d’Italia, le antiche vie che portavano i pellegrini fino a Roma, partendo da qualsiasi regione d’Italia…e io guarda caso a Roma ci sono nata, sarà una coincidenza?

La polenta è veramente buona con tutto, l’ho sempre abbinata con gorgonzola, fontina, salsiccia, selvaggina o spezzatino…soprattutto in montagna; luogo che vai abbinamento che trovi! Pensare che quando abitavo in Veneto non ho mai assaggiato il baccalà in umido, semmai quello mantecato, durante il Carnevale di Venezia. Mia madre non me lo cucinava mai confondendolo con lo stoccafisso (baccalà secco salato da ammollare), che in effetti non ha un buon odore appena comprato, ed insinuando in me una specie di idiosincrasia per tale pietanza! Meno male che crescendo si impara ad assaggiare e l’esperienza fa spesso cambiare idea.

Cucinato in questo modo, ironia della sorte,  me l’hanno fatto apprezzare mio marito e mia suocera, in Piemonte! La nonna però era veneta, giusto per dirvi che i confini in cucina, come in amore, non esistono ed il gemellaggio tra regioni è sempre gradito!

 

Ingredienti per un massimo di 3 persone:

  • un trancio di baccalà già ammollato (800g-1Kg)
  • 250g di polpa di pomodoro oppure 2 cucchiai di concentrato
  • 1 spicchio d’aglio
  • 1 piccola cipolla bianca
  • farina
  • sale e pepe q.b.
  • vino bianco q.b.
  • olio di semi e olio extra-vergine d’oliva

Per la polenta:

  • 400g di farina per polenta (in Veneto usano quella bianca che è più morbida ma a me piace quella integrale grezza, a voi la scelta)
  • 1,6 l di acqua
  • sale fino, 1 cucchiaio scarso, in ogni caso ci si regola a fine cottura con l’assaggio

Procedimento

C’è chi preferisce ammollare lo stoccafisso, io compro già quello morbido e dissalato, per le ragioni che ho già elencato e per comodità…

Prendete il vostro trancio di merluzzo e, dopo averlo lavato sotto l’acqua corrente fredda, ripulitelo dalla pelle (tirando verrà via facilmente senza rompersi) poi cercate di togliere la spina dorsale o comunque le spinette che contiene il pezzo scelto man mano che lo tagliate a tocchetti abbastanza grossi, considerando che poi in cottura tenderà a disfarsi (a me piace che rimangano dei pezzi carnosi ma si va a gusti).

Preparate due padelle antiaderenti, una più capiente per il sugo, l’altra più piatta per soffriggere il baccalà.

Iniziate a preparare la padella del baccalà con una base sottile d’olio di semi (io uso quello di arachide). Quando inizia a scaldarsi adagiatevi i pezzi di merluzzo leggermente infarinati. Fateli dorare inumidendoli con 1/2 bicchiere di vino bianco poi spegnete la fiamma.

Nell’altra padella soffriggete, con un giro abbondante di olio evo, l’aglio e la cipolla tagliata a fettine sottili; appena inizia a sfrigolare aggiungetevi la polpa di pomodoro e un bicchiere di acqua calda.

Lasciate cuocere per una ventina di minuti, salate e pepate a piacere (senza esagerare, a fine cottura si controlla sempre e se preferite il sugo più dolce aggiungete pure un cucchiaino scarso di zucchero).

A questo punto aggiungete i pezzi di merluzzo e lasciate che si insaporisca per bene rigirando di tanto in tanto dai 10 ai 30 minuti (dipende dal tipo di baccalà e da quanto è tenero), avendo cura di tenere il sugo denso ma morbido. Se si riscalda il giorno stesso o il giorno dopo basterà allungare con un po’ d’acqua e sarà sempre buonissimo, anzi ancora più saporito!

Mentre si cuoce occupatevi della cottura della polenta.

Anch’essa è buonissima pure il giorno dopo, passata al forno e croccantina; se seguite la tradizione deve essere morbida ma non c’è niente di male a seguire i propri gusti (o a mangiarla il giorno dopo per non sprecare niente!).

Io utilizzo il paiolo di rame con annesso mestolo “a motore”, veramente comodo, anche se i tradizionalisti storceranno il naso! In ogni caso non la perdo d’occhio e sto attenta a non formare grumi.

Prima mettete nel paiolo (o nella pentola) l’acqua ed il sale, portate a bollore e poi iniziate a far scendere la farina a pioggia, aiutandovi contemporaneamente con un mestolo; è importante mescolarla subito per non farla addensare.

Ora dovrete continuare a mescolare per una buona mezz’ora (35-40 minuti) a seconda della farina usata e della consistenza voluta.

La farina veneta bianca rimane molto morbida mentre a me piace molto densa e rustica, con farina gialla (come la trovate nelle zone montane oppure in Trentino, la famosa Taragna della Valtellina, la polenta concia in Piemonte e Val d’Aosta, la famosa polenta di Bergamo…).

In ogni caso, qualsiasi farina abbiate scelto, con quel sughino speciale sopra sarà una delizia per il palato!

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