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Lo chef Roberto Valbuzzi

Nel programma “Cortesie per gli ospiti” e, successivamente, nel format tutto suo “Uno chef in fattoria“, lo conoscevamo semplicemente come “Roberto”, quasi fosse uno di famiglia (e in effetti, coincidenza, è anche il nome di mio fratello!), a differenza di altri chef di cui ci ricordiamo solo il cognome! Spigliato e ironico, ha saputo creare, anche durante la presentazione del suo libro, un’atmosfera rilassata.

Conosciamo lo chef Roberto Valbuzzi

Negli ultimi tempi mi piace seguire molte presentazioni di libri, complice anche l’esordio di mio marito per quanto riguarda i romanzi noir. Mi emoziona pensare che a giugno, su quello stesso palco, ci sarà lui, ma questa è un’altra storia. Intanto, mi godo la vista di questo bel ragazzo, alto e moro, mentre folle di ragazzine con lo sguardo a cuore (assieme alle loro madri) lo seguono fino alla poltroncina con annesso microfono. Sono presenti anche l’assessore alla cultura e il sindaco che ci informano del loro piccolo salone del libro “gemellato” con quello grande di Torino, per raggiungere il quale il Comune di Castelletto sopra Ticino ha organizzato dei pullman gratuiti.

Una volta sopito l’impatto visivo, Roberto ci “avverte” che sono presenti tutti i suoi parenti, a iniziare dalla moglie Elenonora con i figlioletti, i genitori e perfino i nonni. E mentre le giovani donzelle presenti allungano gli occhi per saggiare la “rivale”, il protagonista ci riporta alla vera ragionepresentazione valbuzzi dell’incontro: il suo libro “Cuoco ristoratore contadino” che non è solo una raccolta di ricette, è in primis un racconto: la storia della sua vita e la realtà di ogni giorno accanto alla sua grande e bellissima famiglia.

Da food-blogger ero proprio curiosa di conoscerlo al di là del filtro televisivo, come succede per gli autori dei miei libri preferiti: li penso come irraggiungibili, come degli ologrammi di entità superiori. Poi li conosco e non rimango affatto delusa perché mi danno la carica per continuare a nutrire i miei sogni: sono persone interessanti, piacevoli, e anche molto umane…in tutti i sensi. Hanno pregi e difetti, amano parlare delle loro passioni e sanno come trasmetterle.

Se una volta eravamo intimoriti dai nostri idoli fino a pensare di svenire di fronte a loro, oggi è considerata una dote immancabile quella di scendere dal piedistallo. Se ho avuto anch’io un idolo? Mah, forse l’attore di Darty Dancing: immaginavo che arrivasse a prendermi per mano dicendo la fatidica frase: “Nessuno dice a Raffy di restare in un angolo…” e via coi balli sfrenati (già, non sottovalutatemi, so pure ballare!), però, dopo aver superato una certa età, il mio sogno verte sull’altra passione, la scrittura. Magari mio marito mi accompagnerà di forza sul palco a leggere un mio racconto? Di sicuro a Roberto invidio la spigliatezza con la quale affronta il pubblico. Oltre a essere abituato con le trasmissioni televisive, ci ha raccontato che ha viaggiato molto e lo consiglia alle nuove generazioni. Approvo la sua filosofia di vita e la curiosità che ci spinge a conoscere altri mondi, per poi tornare nel nostro, quello delle nostre origini, per migliorarlo e “rinfrescarlo”. Ho provato lo stesso bisogno anch’io, essendo cresciuta “nella bambagia” come si suol dire: a vent’anni ho fatto un viaggio transoceanico che mi ha “svegliata” dal torpore. Da lì in poi ho collezionato un sacco di “figure di m.” però mi ha dato una sferzata di energia e di autostima: per quanto facciamo degli errori dobbiamo capire chi siamo e cosa vogliamo dalla vita. Quando ci si sente se stessi non si ha più timore di svelarsi agli altri con sincerità. Questa è una delle doti che traspare dai suoi discorsi, oltre all’ironia che ci ha divertito. Secondo me, per quanto sia tuttora giovanissimo, anche da piccolo è sempre stato responsabile. Credo che i nonni rappresentino da sempre, per lui, una fonte inesauribile di saggezza che si manifesta nel rispetto per gli altri e per il cliente in genere, nella pacatezza del parlare e nella gentilezza a tutto tondo.

Io li ho persi presto, ma ho un ricordo vivido di mia nonna, con il suo grembiule bianco e rosso e la tasca col rosario; soprattutto, ricordo il gusto della sua torta che avevo ribattezzato “di nonna papera” perché mi sembrava quella descritta nel manuale delle “Giovani Marmotte” di Paperino (non fateci caso!), una bontà di crostata che non sono mai riuscita a eguagliare, e gli gnocchi favolosi che faceva, gustosi e giganteschi! Mio nonno, invece, era un alpino, se cerco di immaginarlo è sempre con il cappello piumato in testa e il fisico asciutto di chi cerca di sopravvivere alle calorie della cucina friulana.

Infatti, è bellissimo che Roberto voglia mantenere, nell’espressione della sua cucina, l’esperienza dei piatti della tradizione assieme a una sfumatura di novità, tenendosi aggiornato, ma senza voler esagerare con ingredienti strani e introvabili, altrimenti i clienti che si siedono al suo ristorante si spaventano. Ho sempre pensato che la cucina sia una forma d’arte, e come tale una forma di comunicazione, per cui è divertente inventare, ogni tanto, qualcosa di particolare con tecniche nuove o con ingredienti inusuali, ma non dobbiamo dimenticare chi siamo, la base da cui partiamo e quello che ci hanno insegnato.

Se dovessi rimanere fedele alla cucina di mia madre, da cui ho imparato molte ricette originali del Veneto o del Friuli, piuttosto che della Romagna, dove trascorre l’estate, sarei una balena e mio marito, con l’influsso più “raffinato” del Piemonte, tra carni e verdure, sarebbe già fuggito da un pezzo: da quando sono sposata, il burro è solo un timido protagonista nei dolci, le verdure fanno capolino tutti i giorni; le lasagne non navigano nei grassi con un chilo di besciamella e la parmigiana è saporita ma leggera, con melanzane grigliate e pomodorini… Quando vado a trovarla, tuttavia, non rinnego quei piatti, mi godo il momento “leccandomi i baffi”, però i ritmi moderni e la dieta attuale ci invitano a ricercare una cucina più sana e varia.

Anche lo chef Roberto ha ribadito che la cucina mediterranea è solo un titolo che ci hanno affibbiato da fuori, impossibile da canonizzare perché l’identità italiana ha avuto influssi da molti popoli diversi che si sono avvicendati nei secoli. Magari il cliché “pizza-spaghetti” è giustificato dal fatto che in Italia certi piatti li sappiamo fare meglio. Del resto basterebbe seguire la ricetta, ma se non si ha un briciolo di voglia o passione, il risultato non paga.

Il punto focale si trova, appunto, in questo: Roberto ha avuto la fortuna di crescere in una fattoria, di vivere e assorbire la natura, il rispetto per gli animali e i prodotti che regalano alberi e piante. Sembra che in un tempo in cui cerchiamo disperatamente di trovare qualcosa di autentico, tutti abbiamo capito quanto sia importante la territorialità degli ingredienti e la capacità di non snaturarli, bensì di valorizzarli, all’interno delle proprie creazioni. Il suo ristorante, in provincia di Varese, non è solo un luogo di lavoro, è prima di tutto la sua casa poiché vi è la famiglia.

Questo libro di ricette è un concerto di contributi: la moglie Eleonora lavora con lui e ha collaborato alla creazione delle ricette, molte delle quali sono state adattate per i bimbi che devono essere stuzzicati all’assaggio di nuovi gusti e combinazioni. In questo ha ragione: la cultura del cibo dovrebbe cambiare, anche a me sembra che i bambini vengano relegati in un angolo a mangiare pasta al pomodoro fino alla maggiore età! La curiosità per quello che mangiamo dev’essere paragonata a quella con cui osserviamo il mondo intorno a noi.

incontro Valbuzzi chefQuando gli ho chiesto se trae ispirazione anche dal Web, mi ha risposto come avrei voluto: “Sono ispirato da tutto ciò che ho intorno” e, da quello che ci aveva raccontato, “anche dal momento e dalle sensazioni del periodo che sto vivendo”, così un piatto preferito non è mai lo stesso. Cambiano le stagioni, l’umore, le emozioni che vogliamo provare e le sensazioni che un dato cibo ci può dare. Viviamo in una continua ricerca di equilibrio tra “l’Universo fuori di noi e quello dentro di noi”. Senza dover fare espliciti richiami alla filosofia kantiana, tutto ciò è vero. Siamo sempre alla ricerca di novità che ci accrescano e nello stesso tempo abbiamo bisogno di conforto e sicurezza. In tal modo, ha detto di mantenere “due esperienze gastronomiche: quella storica e quella contemporanea”.

Lo stesso accade nell’ambientazione…come in un buon romanzo: il ristorante “Crotto Valtellina“, sapientemente ristrutturato, nel ‘500 era una vecchia cava, in seguito è divenuta una trattoria-balera col nome “Crotto” (sign. “Osteria, cantina”) per cui hanno deciso di conservarne il nome aggiungendo la tipologia di cucina territoriale, “Valtellina” appunto.

Alcune curiosità su Roberto Valbuzzi

Roberto ci ha confidato che, in realtà, avrebbe voluto fare il pilota di aeronautica, ma che ha sentito anche il “richiamo della cucina” del ristorante dove da piccolino non lo facevano mai entrare, soprattutto in seguito a un incidente con l’olio bollente. Così, diciamo, si è “tolto la curiosità” e questa stanza è diventata il suo mondo principale: prima gli studi all’alberghiero e Scienze alimentari poi, a Milano, l’hanno portato a comunicare il cibo in modi diversi, grazie anche alla figura dello chef che è cambiata molto nella visione contemporanea, ne ha parlato perfino alla Bocconi.

Avrei voluto chiedere, anche in onore di Csaba (Dalla Zorza), se questi benedetti tovaglioli vanno messi a destra o a sinistra, ma non ci avrei fatto proprio una bella figura! Una simpatica ragazza che ha fatto l’alberghiero (Concetta) e che ringrazio, mi ha tolto dall’impasse e mi ha confermato che il loro posto è a sinistra rispetto al piatto. Eppure mia madre mi ha insegnato il contrario, pure mio marito si incavola quando li metto così! Il suo rimane sulla destra…inutile litigare. Chissà chi è stato il primo a cambiare l’ordine delle cose… Dalle nostre piccole abitudini si percepiscono i cambiamenti della Storia.

Il libro di Roberto Valbuzzi e le ricette che mi incuriosiscono

Inutile dirlo: appena mi sono seduta, prima della presentazione, ho iniziato a sfogliare tutto il libro. Sono ricette che lui fa di solito, anche se, a dirla tutta, non è che ogni giorno io cucini così! Fortunato chi lo fa. Anche per me vale molto l’influenza della voglia e dell’umore del momento. Però sono di semplice esecuzione e mi piace molto anche il modo in cui vengono raccontate. Ho apprezzato la cura con cui è rilegato il libro e l’utilizzo di carta riciclata perché la sincerità si manifesta nella pratica: è un cuoco attento al biologico e alle materie prime che non devono essere sprecate, quindi ben venga.

Come sapete dalle ricette degli altri traggo solo degli spunti: non per superbia, ma proprio per adattarli ai miei gusti e a quelli della mia famiglia. Penso che questo “circolo di saperi” sia utile a tutti, le conoscenze devono passare “di piatto in piatto” e renderci protagonisti della nostra cucina.

A parte i pizzoccheri che sono già presenti nel blog (ma guarderò bene anche questi), mi incuriosiscono molto gli “Sciatt“, delle frittelline di grano saraceno che non conoscevo. Voglio comprarmi il cannello per caramellare e qui ho trovato una ricetta di una mela caramellata: quale migliore scusa per tentare? Le polpette di nasello sembrano gustose, è un pesce che considero alquanto “triste” per cui potrebbe aiutarmi a dargli una trasformatina. La crema frangipane la adoro e voglio controllare se è come quella che uso per le mie torte. Nella foto il vitello in rosa è una delizia, mi piacerebbe riuscire a cucinarlo in quel modo, di certo ometterò il cetriolo (ortaggio che io amo ma che è odiato dagli altri della famiglia!). La crema di zucca con i ceci è un’idea fantastica, di solito la faccio con il porro e altre verdure, ultimamente ci ho aggiunto anche lo zenzero (che mio marito aveva comprato pensando che fosse topinambur!🤣 Dagli sbagli esce sempre qualcosa di buono). Che dire, poi, delle lasagnette alle verdure? Le lasagne mi piacciono tutte.

Ci sono un sacco di idee da…cogliere. Quale ricetta deciderò di riproporvi?

Se Roberto è un cuoco contadino vero e proprio, io sono una coltivatrice di idee…😜

 

Un ringraziamento a Roberto Valbuzzi per la disponibilità e le foto scattate insieme (dalle gentili bibliotecarie).

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