Ho trascorso tutto il giorno, e sono poi rimasta a cena, in questo ristorante di Arona, specializzato in cucina trentina. Chiamarlo solo “ristorante” è riduttivo perché la coppia che lo gestisce vi ha creato una fucina di attività diversificate.
Il ristorante La Cascina di Arona
Una mia corsista di Scrittura Creativa, mentre parlavamo del gruppo di mosaico, e del mio libro appena pubblicato, mi ha vivamente consigliato di conoscere Sabrina. Quando ho chiesto: “Chi è Sabrina?!” mi sono sentita rispondere che, qui, ad Arona, Sabrina la conoscono tutti.
Poi ho capito il perché di cotanto entusiasmo! Sabrina non è solo colei che gestisce il ristorante La Cascina, assieme al marito, lo chef. Sabrina è poliedrica, un vulcano di idee, una donna manager per passione. Già il primo giorno che ci siamo presentate non la smettevamo più di parlare: per divertimento ha unito diverse arti e mestieri, ha creato una connessione di conoscenze e amicizie tra chi espone i propri quadri, fa assaggiare tè e tisane, prodotti del territorio o chicche di altri tempi (il vino medievale devo assaggiarlo prima o poi, sennò che “Strega” sono?), ha pubblicato racconti su libretti (“Parole che si mangiano”) o fogli singoli da regalare ai clienti, ha riunito scrittori e docenti di varie materie, ha fatto cantare un Coro amatoriale di Arona (dopo qualche bicchiere di vino potrei cantare pure io) e, soprattutto, in questo periodo, dopo anni di laboratorio per confezionare saponi naturali, sta ospitando, come accennato prima, il gruppo di mosaico “Donne in arte” in procinto di completare alcuni tavoli del locale che brilleranno col giallo di un grande sole centrale e con l’azzurro-blu del cielo. Se l’idea di un selfie, mentre applicate una tesserina, vi diverte, dopo un lauto pranzo potete farlo. L’unione fa la forza!
Il ristorante diventa, quindi, una mostra o un luogo di aggregazione. Mi è sembrato quasi un “covo segreto” dove si incontrano care amiche, vecchie conoscenze e si fanno nuove amicizie, come una congrega descritta nel mio libro “Streghe moderne”: donne di ogni età che si ritrovano a parlare delle loro creazioni e attività (come nelle antiche comunità celtiche), trascorrendo qualche ora in compagnia, chiacchierando e…mangiando. Certo, il cibo mica può mancare, è l’elemento di unione per eccellenza.
La più anziana ha novant’anni e devo dire che è una persona splendida, molto attiva e brillante, quasi più di me che comincio a dimenticare le cose! Certo l’impegno non manca: da notare l’attenzione che ripongo nell’applicare la tesserina del mosaico. Al giorno d’oggi la pazienza va alimentata con questo tipo di attività…
Alla sera sono ritornata, dopo aver recuperato marito e figlio, per una cena alla Cascina, stavolta in veste di food-blogger. Si tratta di un cascinale dell”800, conservato benissimo e situato a pochi passi dal Sancarlone; il bianco delle pareti spiccava alla luce dei lampioncini e della luna piena.
Da tempo volevo provare la cucina trentina che ammetto di non conoscere molto, a parte i famosi canederli. Essendo di Padova, da ragazza andavo a sciare in quei luoghi ma, a parte la polenta e la selvaggina, non ricordo di certo quei nomi strani altoatesini dal suono “elfico” che solo Sabrina sa pronunciare.
Il fatto che ci siano tanti piatti caratteristici mi fa venire voglia di provarli tutti, ovviamente non in una volta sola: abbiamo assaggiato l’antipasto di salumi e carne salada (mi piace un sacco) con formaggio montano (c’è anche il Puzzone di Moena!) e polenta di Storo (un comune in provincia di Trento); il Goulasch (lo scrivo come sul menù), uno spezzatino tenerissimo e sugoso, piccante al punto giusto e servito con un bel canederlo con polenta; abbiamo scelto lo stinco di maiale cotto in forno a bassa temperatura, in competizione sul menù con quello salmistrato di un fornitore artigiano alto-atesino; era davvero squisito; le patate al forno e il rösti (patate tagliate a fiammifero e ripassate in padella per renderle croccanti).
Che dire, poi, dei dolci? Avevo già “studiato” il menù a casa (è una mia fissa) e sapevo già che il piccolo buchino rimasto nello stomaco lo avrei riempito con una “piccola sacher“, una goduria cioccolatosa. Se volete assaggiare qualcosa di più caratteristico optate per i dolci con le mele oppure per lo strudel. Mio figlio ha la passione del salame di cioccolato ed era contento di averlo trovato.
Per una volta ho messo da parte la dieta perché la cucina di montagna è impegnativa ma dà enormi soddisfazioni! Il locale è allegro con i suoi colori pastello, rispecchia in pieno il carattere di Sabrina che riuscirà a farvi sentire a casa (però con tutti i vantaggi di essere al ristorante!).